Colla fatatura, ci volle un batter d'occhio per tornare al luogo dove trovavasi l'albero che parla.
La strega non c'era, e l'albero gli disse:
- Bada! Dentro il tronco c'è nascosto il mio cuore. Quando dovrai abbattermi, non dar retta alla strega. Se ti dirà di dar i colpi in su, tu dalli in giù. Se ti dirà di darli in giù, tu dalli in su; altrimenti m'ammazzeresti. Alla stregaccia poi bisognerà spiccarle la testa con un sol colpo, o saresti spacciato; neppur la fatatura ti salverebbe.
Venne la strega.
- Che cerchi da queste parti?
- Cerco un albero per far del carbone, e stavo osservando uesto qui.
- Ti farebbe comodo? Te lo regalo, a patto che per atterrarlo tu dia i colpi dove ti dirò io.
- Va bene.
Il Re brandì la scure, che tagliava meglio d'un rasoio e domandò:
- Dove?
- Qui.
E lui invece, dié lì.
- Ho sbagliato. Da capo. Dove?
- Lì.
E lui invece dié qui.
- Ho sbagliato. Da capo.
Intanto non trovava il verso di assestare il colpo alla strega: essa stava guardinga. Il Re fece:
- Oooh!
- Che vedi?
- Una stella.
- Di giorno? E' impossibile.
- Lassù, diritto a quel ramo: guardate!
E mentre la strega gli voltava le spalle per guardare diritto a quel ramo, lui le menò il colpo e le staccò, di netto, la testa.
Rotta così la malìa, dal tronco dell'albero uscì fuori una donzella, che non poteva esser guardata fisso, tanto era bella!
Il Re, contentissimo, tornò insieme con lei al palazzo reale, e ordinò che si preparassero subito magnifiche feste per gli sponsali.
Arrivato quel giorno, mentre le dame di corte abbigliavano da sposa la Regina, s'accorsero, con grande meraviglia, che avea le carni dure come il legno. Una di esse volò dal Re:
- Maestà, la Regina ha le carni dure come il legno!
- Possibile?
Il Re e i ministri andarono ad osservare. La cosa era sorprendente. Alla vista parevano carni da ingannare chiunque; a toccarle, eran legno! Lei intanto parlava e si muoveva.
I ministri dissero che il Re non poteva sposare una bambola, quantunque essa parlasse e si movesse; e annullarono le feste.
- Qui c'è un altro incanto! - pensò il Re, che si ricordò dell'unto della scure.
Prese un pezzetto di carne e lo tagliuzzò con questa. Aveva indovinato! I pezzettini, alla vista, parevan carne da ingannare chiunque; a toccarli, eran legno. Il tradimento gliel'aveva fatto la figliuola dell'Orco, per gelosia.
Il Re disse ai ministri:
- Vado e torno-
E si trovò nel bosco, dove aveva incontrato quella ragazza.
- Maestà, da queste parti? Che buon vento vi mena?
- Son venuto apposta per te.
La figlia dell'Orco non voleva credergli:
- Parola di Re, che siete venuto apposta per me?
- Parola di Re!
Ed era vero; ma lei s'immaginava per le nozze. Si presero a braccetto ed entrarono in casa.
- Questa è la scure che tu mi prestasti.
Nel porgergliela, il Re fece in maniera di ferirla in una mano.
- Ah, Maestà, che avete fatto? Son diventata di legno!
Il Re si fingeva afflittissimo di quell'accidente:
- E non si può rimediare?
- Aprite quell'armadio, prendete quel barattolo, ungetemi tutta con l'olio che è lì dentro, e sarò guarita.
Il Re prese il barattolo:
- Aspetta che io torni!
Lei capì e si messe a urlare:
- Tradimento! tradimento!
E gli scatenò dietro i cento mastini di suo padre. Ma il Re era sparito.
Con quell'olio le carni della Regina tornarono subito morbide, e si poterono celebrare le nozze.
(fine)
L'ALBERO CHE PARLA è una delle tante fiabe di Luigi Capuana, scrittore che conobbe grande fortuna per queste sue favole scritte tra il 1882 e il 1913, reperibili in C'era una volta: le più belle fiabe siciliane edito da B&B nel 1997, oppure in Capuana: tutte le fiabe, Newton Compton, 1992.